Ministero della cultura

Soprintendenza Archivistica della Sicilia – Archivio di Stato di Palermo

L’esigenza di creare un’amministrazione archivistica con finalità e compiti specifici volti alla conservazione del patrimonio documentario cominciò a farsi strada in Sicilia nel corso della seconda metà del secolo XVIII, quando si pose in maniera pressante la necessità di aggregare le carte di vari organi centrali al fine di evitare il rischio della dispersione.

Nel 1786 un dispaccio autorizzò il Vicerè a costruire nel palazzo reale di Palermo un nuovo locale destinato a conservare l’archivio del Tribunale del Regio Patrimonio. Tale complesso documentario costituì pertanto il centro di attrazione attorno a cui gravitò l’operazione di concentramento delle carte. Fu tuttavia in seguito all’entrata in vigore della costituzione siciliana del 1812 che l’esigenza di un Archivio Generale s’impose come una necessità improcrastinabile. La trasformazione della struttura dello Stato che portò all’abolizione di numerosi uffici pubblici preesistenti sancita da tale Costituzione, determinò infatti la necessità di concentrare gli atti in un unico Istituto, la cui nascita venne segnata da un dispaccio reale dell’11 febbraio 1814 che istituiva a Palermo un Archivio Generale alle dipendenze del ripartimento delle Finanze del Ministero e Real Segreteria di Stato presso il Luogotenente Generale e si emanavano le disposizioni di massima intorno al servizio, alle funzioni del personale e alla relativa carriera. Si nominava, infatti, un Archiviario generale, Gaetano Rutè, che provvedesse a riunire tutti gli archivi in un unico luogo e si ordinava di reperire un locale idoneo a contenere le carte. Il Governo, nel 1826, per risolvere i numerosi e difficoltosi problemi che rallentavano i lavori, affidò ad un’apposita commisssione il compito di presentare dei progetti per l’organizzazione archivistica in Sicilia, tenendo presenti la legge e il regolamento del 1818 emanato per la parte continentale del Regno di Napoli, che prevedeva l’istituzione di un Grande Archivio a Napoli e degli archivi provinciali in ogni provincia.

La commissione Mancuso–Tumminelli nel 1838 presentò il progetto richiesto, corredato da un’ampia relazione, e stabiliva le linee guida che poi sarebbero state recepite nella successiva legge archivistica del 1843. Nello stesso arco di tempo l’archiviario generale Pietro Di Maio compilava il primo inventario sommario dei fondi già concentrati sotto il controllo dell’Archivio Generale, che prevedeva una suddivisione delle carte in tre grandi sezioni: Diplomatica, Amministrativa e Giudiziaria e questo ordinamento delle carte che il Di Maio realizzò secondo lo svolgimento storico delle istituzioni di diritto pubblico susseguitesi in Sicilia dal XV secolo in poi, rispecchia sostanzialmente l’attuale struttura dell’Archivio di Stato di Palermo.

Con il decreto del 1 agosto del 1843, dunque, si dava assetto definitivo all’amministrazione archivistica siciliana che, alle dipendenze del Ministero degli Interni in Napoli, venne articolata in:

una Soprintendenza Generale con giurisdizione su “tutti gli archivi e depositi delle carte pubbliche in Sicilia”; il Grande Archivio di Palermo, che fungeva da archivio centrale per la conservazione degli archivi degli organi centrali del Regno di Sicilia e da archivio provinciale per la conservazione degli archivi degli uffici statali istituiti nella provincia di Palermo dalla costituzione del Regno delle due Sicilie; gli archivi provinciali, posti alle dipendenze degli Intendenti, che ebbero il compito di conservare le carte appartenenti alle antiche giurisdizioni ed amministrazioni di ogni città capovalle, e raccogliere man mano la documentazione prodotta dagli uffici statali esistenti nel territorio provinciale.

A capo della struttura archivistica era posto il Soprintendente generale con compiti ispettivi su tutti gli archivi e sui depositi delle carte pubbliche in Sicilia.

Il decreto del 1843 aveva posto le salde premesse per uno sviluppo organico dell’amministrazione archivistica siciliana, i cui istituti dopo il 1860 si inserirono senza alcuna soluzione di continuità, nelle strutture del nuovo Stato italiano, il quale, tra l’altro, mantenne in vigore nell’Italia meridionale e in Sicilia gli Archivi provinciali creati dal Governo borbonico (sia pure ponendoli alle dipendenze mediate dell’amministrazione statale), fino alla emanazione della legge 2006 del 1939,  quando venne istituto un archivio di Stato in ogni capoluogo di provincia.

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